Roberto Fassone

The finalist artwork

And we thought (Led Zeppelin trilogy), 2022
HD Video, 20:01 min. 
Ed. 3 + 2 AP


By Roberto Fassone
Selected by: Domenico Quaranta

 

Nell'aprile del 2021 Sineglossa e Roberto Fassone concepiscono Ai Lai, un’intelligenza artificiale che viene allenata con migliaia di resoconti di trip psichedelici scritti da mangiatori di funghi magici. Ai Lai impara lentamente a scrivere come uno psiconauta e inizia a compilare i propri resoconti psichedelici. In essi racconta, con uno stile molto fantasioso, di strani eventi e immagini oniriche, talvolta facendo riferimento a film, libri e album musicali sconosciuti, ma che in qualche modo esistono nella sua “immaginazione”.

Roberto Fassone ha deciso di utilizzare i racconti di Ai Lai come spunto per diversi lavori, raccolti sotto il titolo And we thought: le sue parole sono state trasformate in manifesti, musica, film, ecc.
And we thought (Led Zeppelin trilogy) (2022) è la ricostruzione archeologica fittizia di tre film psichedelici dei Led Zeppelin, citati da Ai Lai con tanto di titoli (The Doors, The Road, Love is Magic), che in realtà non sono mai esistiti, ma che nascono dall’intersezione di due realtà parallele: il mondo psichedelico e il mondo macchinico. 

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Roberto Fassone
Roberto Fassone (Savigliano, 1986) è un artista estremamente poliedrico, interessato a strutture invisibili, giochi surrealisti, storie bizzarre, coincidenze fortunose, sottili trasformazioni, e incentrato sui concetti di immaginazione, tradimento, fake o errore.

L’inserimento della confusione è molto presente nella sua ricerca come struttura o strategia creativa, originando spazi di tensione che, tuttavia, affiorano come luoghi di fruizione ludica che si declinano in installazioni, video e performance. Fortemente influenzato agli esordi dai pensieri non funzionali di Cesare Pietroiusti, Fassone inizia elaborando una metodologia analitica che viene applicata a elementi che non hanno un’utilità pratica, interrogandosi costantemente su cosa voglia dire oggi fare l’artista e fare arte.

Le sue prime ricerche erano indirizzate ad analizzare e mettere in pratica le tecniche più frequenti nella costruzione di opere d’arte, come il cambio di colore, il cambio delle dimensioni, la tautologia, l’ellissi o l’equivalenza. In questo modo, i lavori emergevano come tentativi di addentrarsi nel mondo dell’arte, portando all’estremo la lista di queste tecniche creative.
Questo meccanicismo analitico è stato successivamente abbandonato per saturazione, però gli è servito per progredire nella sua ricerca, soprattutto in ambito performativo, in cui ha dato più spazio alla libertà arbitraria. 

Il suo lavoro è lo specchio di una realtà che lui considera stranissima e per lui fare l’artista è ripetere queste eccentricità, aggiungendo stratigrafie di stranezze. Allo stesso tempo, si interroga su quesiti esistenziali attraverso una libertà che raramente si trova nei codici o nelle regole che provano a intrappolarci, analizzando le falle del fare sistematico.

Uno dei suoi aspetti più interessanti è la spontaneità, il fare o rifare le cose che faceva quando era bambino, superando le convenzioni e le finalità pratiche per arrivare a una direzione autentica che prescinde dalle convenzioni, dalle aspettative, dalle regole, dal dover essere accettato in un sistema con riferimenti o parametri ben delineati.

Un aspetto ludico in cui tutto il fare arte è orientato al divertimento e alla leggerezza. In questa concezione però si cela un’oscurità, errori, in cui si evidenzia come in tutto il suo lavoro ritorni spesso il concetto della morte, che ha bisogno di trovare un’espressione come rapporto sull’inevitabile o come esorcismo di una sua paura specifica.

Nel contesto attuale, il lavoro di Roberto Fassone si inserisce in tutte quelle pratiche che adoperano il fake, il travestimento, il manierismo, la finzione o l’essere qualcun altro come strumento e come risorsa. Basti pensare le corrispondenze o le affinità con Maurizio Cattelan, Jonathan Monk, Eva e Franco Mattes o Chiara Fumai. Contestualmente, l’aspetto ludico segue tutta una tradizione consolidata di cui troviamo tracce, ad esempio, in Carsten Höller o Francis Alÿs.

Negli ultimi anni Fassone ha esposto e performato il suo lavoro presso istituzioni italiane e internazionali, tra le quali: Quadriennale di Roma; Japan Media Arts Festival, Tokyo; MAMbo, Bologna; Fanta-MLN, Milano; OGR, Torino; MOCAK, Krakow; Centrale Fies, Dro; Carroll / Fletcher, Londra; AOYS (online), Zkm, Karlsruhe; Mart, Rovereto; Castello di Rivoli, Torino; Civitella Ranieri Foundation; Strozzina, Firenze.

Nel 2019 ha co-curato con l’artista e performer Kasia Fudakowski “Lo scherzo dell’arte”, un film festival performativo all’interno del più conosciuto Lo schermo dell’arte Film Festival. Sempre nel 2019 ha vinto il bando IMAGONIRMIA, fondando a Modena Ovest Il Museo del tempo perso; è inoltre co-fondatore dello spazio di ricerca Estuario. Dal 2012 ha sviluppato un’intensa attività di workshop dedicati all’implementazione del pensiero laterale e creativo in collaborazione con musei (Zkm, Karlsruhe; MA*GA, Gallarate), spazi artistici (Hangar Bicocca, Milano; OGR, Torino) e scuole (MADE Program Accademia di Belle Arti Siracusa; ISD, Dusseldorf).

Ha recentemente vinto l’ Artists’ Film Italia Recovery Fund, promosso dallo Schermo dell’arte Film Festival.